Testimonianze: violenza sulle donne

Per la rubrica “I can’t breathe” oggi ho raccolto le testimonianze di tre ragazze che hanno deciso di aprirsi con me e di confidarsi. Credo sia giusto nei loro confronti lasciarle nell’anonimato, ma la loro storia dirà molto su di loro, più del loro nome. Le testimonianze che leggerete non saranno tutte leggere e facili da leggere, in particolare una sarà molto dura e cruda, il che potrebbe urtare la sensibilità di qualcuno, quindi vi invito a leggere le testimonianze con attenzione e di aprire il vostro cuore all’ascolto.

Ogni storia sarà separata dalla successiva attraverso quest’immagine:

I can't breathe lalettrice

Sono una di quelle persone che non ama farsi notare, una di quelle che cammina con le cuffie nelle orecchie per non parlare con nessuno, una di quelle che se le dici una cosa gentile diventa un peperone che preferirebbe non esistere.
È successo anche a me. Non c’entra niente l’abbigliamento o il fisico, non c’entra niente come una persona si atteggi, non c’entra l’essere aperti: dipende solo dall’uomo che vi guarda e non da voi.
Avevo dodici anni e un ripetente ha deciso di farmi questa orribile sorpresa nel bagno della scuola. Sono riuscita a scappare e le autorità, dopo mesi che me lo tenevo dentro, non mi hanno creduta per mancanza di prove.
Qualche tempo dopo ho trovato un ragazzo con cui potermi aprire e di cui mi fidavo. Questo ragazzo ha poi preteso che mi facessi toccare, che non parlassi con altri, che facessi quello che voleva. Mi faceva sentire inferiore quasi ogni giorno, mi faceva dei lividi per farmi notare quanto fossi grassa e debole, mi insultava, mi ha anche tirato degli schiaffi abbastanza forti e una volta mi ha sbattuta contro un cancello, mi faceva sentire stupida e mi ha persino detto di suicidarmi perché non valevo nulla.
Ci siamo lasciati e un po’ di tempo dopo ho conosciuto un altro ragazzo. Lui mi aiuta davvero a superare tutto questo ancora oggi. Perché ancora oggi?
Perché la violenza rimane dentro. Non importa cosa fai, la memoria resta purtroppo. Qualcuno la prende bene e riesce ad andare avanti, qualcun altro come me non riesce a continuare come se nulla fosse, a
dormire tranquillo, a camminare senza guardarsi le spalle, a stare bene con sé stessi; soprattutto se nel mio caso queste persone possono raggiungerti quando vogliono, possono continuare a seguirti, possono continuare a farti sentire il loro giocattolo rotto.
Voglio fare un appello a tutte le donne e gli uomini che stanno leggendo: guardate cosa può provocare una violenza minima e immaginate cosa succede alle persone che subiscono cose più gravi e ne restano segnate
anche all’esterno.

I can't breathe lalettrice

La mia storia risale all’ottobre 2014. 

All’epoca dell’accaduto ero iscritta ad un concorso musicale, e  nella seconda tappa avevo scelto come località Bologna, sia per comodità che per il giorno. 

Nei giorni precedenti all’audizione contattai una persona che conoscevo di quella città poiché lui anni prima lo avevo frequentato per un po’ di mesi. Gli chiesi informazioni sui mezzi che dovevo utilizzare per raggiungere il luogo dove si svolgeva l’audizione e lui si offrì volontariamente a darmi un passaggio dalla stazione centrale fino al luogo. Era un modo per rivedermi dopo tanto tempo e per non farmi spendere in ulteriori mezzi. Accettai poiché mi fidavo.

raggiungemmo il posto in anticipo, feci l’audizione. più o meno era ora di pranzo. Ci recammo in un bar nelle vicinanze. Li offri da mangiare dei tramezzini, il minimo che potevo fare per la cortesia. 

Dopo di che io ancora avevo tempo a disposizione prima di riprendere il treno di ritorno a casa, quindi si offri di portarmi in un luogo a mia scelta. decidemmo per San Lucca. 

Ci fermammo in un parcheggio, scendemmo dalla macchina. questo luogo in mezzo alla natura, ricordo che c’erano diverse panchine. 

Ci mettiamo a sedere su una panchina a parlare del più e del meno, ad un certo punto mi cerca di baciare, io riesco a scansarmi, lui mi disse  che era un modo per ringraziare il pranzo offertogli. Ci alziamo o per lo meno io mi alzo con l’intenzione di fare due passi. 

Ad un certo punto dopo pochi metri si rimette a sedere, io lo seguo, lui a quel punto riprova a baciarmi questa volta riuscendoci, ma io sono contraria, poiché sapevo che era fidanzato con una donna che conoscevo abbastanza bene, la sua migliora amica quando lo frequentai.

Io in uno di quei momenti mentre mi alzavo per allontanarmi da lui perché mi sembrava irrispettoso nei confronti della donna che frequentava avevo lasciato la borsa aperta vicino a lui. Che poi ripresi in seguito prima di riavviarci in macchina. In pratica lui lasciò gli occhiali da sole dentro la mia borsa di modo che poi con mia sorpresa li ritrovassi all’interno. Anche se non avevo colpe di nulla, chiesi scusa per l’accaduto poiché lui insisteva che lo avevo fatto di proposito, mi assunsi delle colpe, e li chiesi scusa. L’errore mio è stato di dire una frase “perdonami, farò quello vuoi”, ma lo dissi ingenuamente senza pensare che una persona malata potesse in seguito commettere una cosa del genere. Perché tornando in macchina, io aprì la portiera del passeggero e lui mi raggiunse lì abbassandosi i pantaloni e infilandomi in bocca il suo membro. Mi diceva “apri la bocca” “dai, apri!” e poi con la forza mi trascinava prendendomi dalla testa verso di sé. a tutto questo io gli ho detto più volte “no , ti prego”. Avevo conati di vomito.  A quel punto non contento abbassa il sedile e mi tira giù i pantaloni con tanto di mutande e cerca di penetrarmi, a tutto questo io cercavo con le mie gambe di resistere, addirittura mi fece girare anche di schiena, io cercavo di fare forza con le gambe per scansarlo pur dicendo sempre “ti prego non farlo, ti prego no!”. Ci riprovo col sesso orale, mi faceva schifo. Alla fine lui viene subito, non so se dire per fortuna, ma capì che era finita. A quel punto soddisfatto mi riporto al centro di Bologna e mi lasciò in prossimità del centro. “Ci rivediamo presto, appena vieni da queste parti” disse prima che io scendessi, io gli risposi “non credo che ci sarà una prossima volta”, non avevo intenzione. avevo dimenticato il Montgomery in macchina sua, per non vederlo avrei preferito che me lo spedisse ma alla fine rinunciai e lasciai perdere. 

Ricordo che camminai fino al centro ripensando a quello che era successo, sconvolta e mi fermai a piazza maggiore, entrai nella basilica di San Petronio e pregai con le lacrime agli occhi affinché venisse perdonato, affinché trovasse la giusta strada da seguire.

Nei giorni seguenti mi confidai con poche persone, con la mia famiglia non ebbi coraggio, e neanche adesso. 

Non ebbi il coraggio di denunciare l’accaduto. Per paura, era la mia parola contro la sua, poteva benissimo dire che ero consenziente, ed era già una battaglia persa, non c’erano prove, ne testimoni, e qualora ci fosse stato un testimone avrebbe potuto dire che ero consenziente, non denunciai per vergogna di me stessa, perché non dovevo esserci lì con lui. Perché ripensavo a sua madre, a sua sorella, alla sua fidanzata e non volevo creare casini.

E oggi mi rendo conto quanto ciò sia stato sbagliato. Dovevo denunciarlo. Avere coraggio e denunciare. Non ero io ad aver sbagliato, ad avere una colpa. Perché se io ti dico di no è no! 

I can't breathe lalettrice

( ora dopo due testimonianze molto forti ne inserisco una che può essere collocata in una categoria di testimonianze più generale in quanto racconta la storia di una moltitudine di donne).

La violenza sulle donne è un aspetto che viene sempre sottovalutato. Questo perché, al di là della violenza fisica, di cui si sente parlare più spesso a causa dei fatti di cronaca, nessuno fa mai caso a quella psicologica: le parole, forti e pungenti, s’insinuano nella mente della vittima che, spinta dall’amore, le giustifica. Nessuno può mai immaginare che un giorno ci si potrebbe ritrovare in una situazione del genere, e invece succede: quella gonna è troppo corta, quella maglia troppo scollata, ti si vede il reggiseno, sei troppo truccata, non ti voglio sentir ridere, non dobbiamo messaggiare troppo, mi fai sentire inadeguato, non mi dire queste cose, perché dici così?, una ragazza non dice parolacce, sarò calmo finché farai la brava, perché hai salutato col bacio quel tuo amico?, non voglio che frequenti il tuo migliore amico. Queste sono solo alcune delle cose che molte donne si sentono dire. Si sottovalutano i comportamenti, ma la cosa più importante è avere qualcuno con cui parlarne per avere dei consigli e per riuscire a uscire dalla gabbia.
Questo deve finire, è necessario educare e sensibilizzare affinché ciò avvenga sempre meno frequentemente fino a diventare un fenomeno sconosciuto.
Un romanzo che può far riflettere al riguardo è Mille splendidi soli di K. Hosseini: la forza interiore dell’unione di due donne può combattere quella fisica degli uomini che si considerano superiori, i padroni.
Dei racconti che mettono in luce la profondità dell’analisi psicologica delle donne, denunciando gli abusi fisici e psicologi, sono La torre, La gabbia, Quello che si aspettavano da lei, tratti da I racconti del disagio di L. Maletta.
Per quanto riguarda le serie tv, Le regole del delitto perfetto (How to get away with murder) dove Annalise Keating si ritrova in balia del suo partner e cerca di difendersi dai suoi modi violenti, cadendo, però, nella dipendenza da consumo di alcool.
This is us è una serie tv che tratta moltissime tematiche sociali, e tra queste è inclusa la violenza sulle donne che colpisce Kate Pearson nel fiore degli anni.
La nuovissima Normal People, profonda dal punto di vista psicologico dal primo all’ultimo episodio, fa rientrare la violenza nell’ambito sessuale, collegato a un senso d’inferiorità e d’insicurezza della protagonista Marianne, che ne fa esperienza da giovanissima già tra le mura domestiche.
Tra i film, voglio citare I, Tonya, Room e Ti do i miei occhi.

I can't breathe lalettrice

Ringrazio tutte le persone che sono intervenute in questa mia nuova rubrica, per tutte le testimonianze personali e per le testimonianze general, per le molte riflessioni, per le poesie e i consigli letterari.

Questa è stata tra le testimonianze che fare qualcosa è possibile, si parte da questo piccolo per raggiungere qualcosa di più grande.

Ringrazio in particolar modo le ragazze che si sono sentite al sicuro con me e mi hanno permesso di pubblicare le loro testimonianze.

Trovate tutti gli articoli di questa nuova rubrica qui: I can’t breathe

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Pubblicato da lalettrice

Mi chiamo Giusi, ho 20 anni e sono calabrese. Amo rifugiarmi nei libri. Amo la poesia, credo che proprio come diceva Shakespeare, attraverso le parole delle poesie rendiamo immortali i nostri sentimenti. Amo anche aiutare autori emergenti o case editrici a far conoscere stupendi libri. Grazie a chiunque spenderà il suo tempo a leggere le mie parole, siete preziosi. Vi voglio bene.

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