Storie di donne infortunate – come cambiò la mia vita

La sicurezza sul lavoro è una tema molto importante, che difficilmente viene affrontato e troppo spesso viene sottovalutato. Come parlarne meglio, se non attraverso delle testimonianze con delle Storie di donne infortunate e di come la loro vita è stata poi stravolta?

Storie di donne infortunate
  • Titolo: Come cambiò la mia vita – Storie di donne infortunate
  • Autori: vari, ma Fiorenza Misale e Patrizio Antonino Gemello
  • Casa editrice: Kimerik Edizioni
  • Numero di pagine: 80 circa
  • Codice ISBN: 9788855162982
  • Prezzo: 15.00€ cartaceo, 10.00€ e-book
  • Link per saperne di più cliccando qui

Ogni anno si contano moltissimi infortuni sul lavoro, ne sentiamo parlare al notiziario, nei giornali, nei siti web locali, ma ci siamo mai soffermati a comprendere e ad ascoltare le storie delle vittime? Ci siamo mai soffermati a riflettere su come la loro vita venga stravolta e cambi del tutto? A me personalmente non è successo spesso, per cui leggere di queste storie, di queste donne che hanno dovuto ricostruire la propria vita e per certi versi “reinventarla”.

Sono nove le storie raccontate, ognuna particolare per il rapporto che si instaura molto tra il lettore e la donna che sta raccontando la propria storia: molti sono gli infortuni causati da macchine non a norma, che non possono garantire la sicurezza sul lavoro, molti sono i dipendenti che non seguono dei corsi adeguati o che semplicemente per la necessità di uno stipendio sono costretti a lavorare anche a queste condizioni, il che mi rende veramente triste.

Molti lavoratori, a prescindere che siano uomini o donne, hanno sviluppato in seguito a degli incidenti sul lavoro delle disabilità fisiche, ma anche psicologiche, perché un trauma subito ( ad esempio la perdita di un arto, di cui ci sono molte testimonianze in questo libro ) ha delle ripercussioni sulla salute psichica dell’incidentato. Molte sono le donne, le mamme e le lavoratrici che dopo dell’infortunio hanno perso tutto: lavoro, marito, affetti e serenità.

Per rendersi conto degli effetti che un infortunio ha sulla vita di molte donne bisogna ascoltare le loro storie e dare sempre di più a molte di loro la possibilità di raccontarsi, di sensibilizzare sull’argomento e soprattutto di permettere a molti di rendersi conto della gravità mortale e non che comporta il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza del lavoro. Ma questo perché succede? Non dovrebbero esserci dei controlli propri per garantire un luogo sicuro dove lavorare a tutti gli impiegati? Chissà.

Sono del parere che un eventuale risarcimento, dopo questi eventi infausti, non possa ripagare ciò che un lavoratore perde a livello umano, quindi sia fisico che morale: bisogna reimparare tutti i gesti quotidiani, quindi come muoversi, come afferrare gli oggetti, come essere utili alle persone care e, mentre si fa questo, spesso si viene abbandonati da persone che si credeva fossero legati a noi, che tenessero a noi, ma che non riescono a reggere questa nuova difficoltà. Ci sono dei momenti in cui, oltre l’affetto che può essere presente o meno, ci si sente soli e si inizia a prendere coscienza di tutto quello che è accaduto: le cicatrici con cui dover convivere, le mancanze che iniziano a pesare, tutte quelle azioni che prima si davano per banali e scontate, ma che adesso non si può più compiere. Penso che dopo di un incidente, che si tratti di un infortunio lavorativo o di qualsiasi altro tipo di incidente che influisce molto sulle nostre condizioni, si rinasca a tutti gli effetti, ne avevo anche parlato tempo fa in un articolo sul mio blog.

Storie di donne infortunate vi farà toccare con mano la dura realtà che ogni anno moltissimi lavoratori sono costretti ad affrontare e che spesso non hanno il coraggio di raccontare, perché ne sono profondamente segnati. Vorrei, con questo breve articolo che sicuramente non rende giustizia al libro e alle storie raccontare, dire grazie alle donne che hanno trovato la forza di raccontare e raccontarsi, nonostante non debba essere assolutamente semplice, ma vorrei ringraziare anche tutti gli altri lavoratori che dopo eventi spiacevoli del genere si impegnano per sensibilizzare sempre di più al riguardo, anche grazie a delle campagne.

Dolori sentiti sulla pelle e sotto la scorza arrivati alle viscere uccidendomi e facendomi rinascere, ogni giorno, tante volte. Ho urlato per l’ingiustizia che mi era capitata, mi sono dibattuta imprecando contro un destino che aveva falciato i miei sogni di ragazza.

Ho guardato dentro alle molteplicità di verità e possibilità che mi attendevano e soprattutto a quelle che non mi attendevano più. Ho provato sconforto e poi tenerezza per quella me così sfortunata, così tremendamente sola anche se circondata da tante persone. Ho provato smarrimento a non riconoscere la mia immagine nello specchio: quale uomo mi avrebbe voluta? Ho ucciso così tante volte me stessa e altrettante ne ho raccolto i brandelli, rincollati sempre in modo diverso.

Ho pianto, di notte, da sola. Era un rito di liberazione. Nessuno doveva vedere come riusciva a piangere una donna considerata da tutti forte e coraggiosa e quelle lacrime dovevano lavare il mio braccio, lenire la pelle che tirava, coprire la memoria delle mie cicatrici.

Ringrazio l’associazione ANMIL, per l’impegno grazie al quale le storie di queste donne sono state pubblicate e diffuse.

Ringrazio la casa editrice per avermi permesso di entrare a far parte della vita di queste donne, quasi come se mi affacciassi alla loro porta di casa silenziosamente, leggendo Storie di donne infortunate – Come cambiò la mia vita.

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Pubblicato da lalettrice

Mi chiamo Giusi, ho 20 anni e sono calabrese. Amo rifugiarmi nei libri. Amo la poesia, credo che proprio come diceva Shakespeare, attraverso le parole delle poesie rendiamo immortali i nostri sentimenti. Amo anche aiutare autori emergenti o case editrici a far conoscere stupendi libri. Grazie a chiunque spenderà il suo tempo a leggere le mie parole, siete preziosi. Vi voglio bene.

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